Il duello dei Bravi o presso la Braveria


Cesare Vecellio, Bravo veneziano, 1590

“Dopo lungo intervallo questa querela volontaria andò in desuetudine, che ad alcuni parve cosa troppo lieve da essere messa in prova d’arme: e furo escogitati nuovi modi a le persuasioni loro più confacevoli. Successe un secolo nel quale si fece grandissima professione di bravura in tanto chel nome di Braveria fu conosciuto forse più che in alcun’altra etade, che si legga. Non era cittade alcuna in Italia la quale non si gloriasse de bravi soi”(F. Da Longiano, p.100 “Duello” Venezia 1552).
Fausto Da Longiano noto giurista del XVI secolo ci riporta l’esistenza di un movimento apparso in un’epoca succeduta a quella della cavalleria errante e che si diffuse, soprattutto in Italia e nell’Europa mediterranea, la Braveria.

Il termine Bravo potrebbe trovare la sua origine nell’aggettivo latino “pravus” che indica il vizioso, il malvagio, autore di quelle “prave facte”, cattive azioni, che saranno tipiche degli appartenenti a questo movimento.
La Braveria si sviluppò, probabilmente, intorno al XII-XIII secolo e fu la naturale evoluzione dell’istituzione della cavalleria errante oramai in totale decadenza.
Uomini d’armi addestrati esclusivamente a quello scopo non potevano fare altro che cercare la sopravvivenza nell’uso delle armi.

Passarono così dai tornei, le giostre, il servizio armato a qualche piccolo feudatario ed il ruolo di “campioni” (ovvero sostituti di accusatori e rei) nei duelli giuridici od ordalie, ad un impiego più criminale o al limite della legge, per così dire, nell’ambiente urbano che si stava sviluppando.
Troviamo così i bravi nel ruolo di protettori di prostitute, nel giro di bische da gioco d’azzardo, nella guardia privata di qualche signore. Dice infatti dei bravi sempre Fausto Da Longiano :“…niuno era valoroso riputato, et huomo d’honore se non havea donne infami, e dishoneste, ne luochi diffamati a publico guadagno, con nome di palese ruffiano”.
Viziosi dunque e un po’ malvagi, attaccabrighe sempre in cerca di un motivo per sfidare qualcuno e poterlo portare in steccato.
La principale professione era però quella di non cedere l’uno all’altro in bravura per non perdere di opinione presso gli uomini d’onore suoi pari.

Uno dei costumi tipici della braveria era che quando uno di loro non compariva nel giorno determinato alla disputa in steccato, dopo la sfida, che avveniva con la formulazione di un cartello o manifesto di sfida, si portava dipinto sulla rotella (scudo tondo imbracciato) dello sfidante il ritratto dello sfidato rappresentato con i piedi in su come un traditore e “mancatore di sua fede”, oppure lo si raffigurava con due volti.
Se poi uno rimaneva vinto in duello, il vincitore lo portava dietro di sé incatenato, ”prigione” appunto, in segno di vittoria liberandolo quando lo riteneva più opportuno.
Un movimento che trovava nei suoi eccentrici eccessi splendide forme di spavalderia e sbruffoneria.

Ma ancor più spavaldi furono i “Bravi erranti”, costoro nel loro vagare quando entravano in una città affiggevano cartelli di questo tipo:
“Ho dimandato a molti che berretta tu porti in capo, dicono tutti chelle è rossa, per quanto hanno udito da la tua bocca. Et io ti voglio provare, ch’ella è bianca e la spada che hai a lato di piombo e’l pugnale di legno. S’io serò avisato ove tu sii a’l presente, verrò a trovarti subito”.
Eccessi si di spavalderia che dimostrano come in Italia usare il duello anche per i motivi più futili era una norma, norma che i re Longobardi, Rotari e Liutprando tra tutti, appunto, cercarono di arginare con la stipula del loro corpo giuridico, nel quale si cercava di ridurre i casi dove si dovesse ricorrere al duello.
Non abbiamo le prove se ebbero effetto e forse i sovrani Longobardi non riuscirono mai a debellare questa tradizione, tradizione che affonda le sue radici nella cultura della civiltà Etrusca e Sannita prima, e di Roma antica successivamente, ma la alleggerirono, questo si, imponendo armi di legno al posto di quelle in metallo. (vedi ”Il duello alla longobarda o giudizio di Dio” del 19 Luglio 2018).
Lo svolgimento del duello, davanti ad un pubblico che fungeva anche da testimone, avveniva con gli stessi criteri del duello giuridico, ma con armi vere (spade, più o meno corte, scudi, Rotelle o Parme, più tardi daghe d’accompagno) due contendenti in uno spazio chiuso detto Oltranza, Sbarra, Steccato, delimitato da corde su paletti e spesso improvvisati nelle piazze delle città (nella città di Pisa, ad esempio, si sa che queste dispute avvenivano nella Piazza dei Cavalieri).

Una letteratura lontana da quei tempi, distratta e impreparata tecnicamente, usò il modello del bravo per descrivere situazioni e personaggi, di fantasia, diventati famosi. I “bravi manzoniani”, Cyrano de Bergerac, i moschettieri saranno gli esempi più evidenti di quanta influenza, e dopo quanto tempo, la braveria suscitò nella mente degli uomini.
Ancora nei tempi a noi più vicini, storici e ricercatori hanno dubitato degli eccessi dei rappresentanti di questo movimento.
Tutto questo scetticismo è dato dal fatto che è necessario e fondamentale conoscere, e aver provato realmente, la disputa in armi per motivi di onore, ma non è questo lo spazio deputato a una disquisizione sull’onore, che richiederebbe tempo e competenze adeguate.
Dal XV secolo, contrariamente a quanto si possa pensare il movimento cadde verso un inesorabile declino trasformando i bravi in semplici “sgherri” al soldo di qualcuno, declino che sarà accelerato dalla diffusione delle armi da fuoco e dall’esito del concilio tridentino.
Non si deve mai fare l’errore di confondere i Bravi con i criminali contemporanei. Per i Bravi l’onore, messo facilmente e spesso in gioco per poter arrivare alla sfida, era il primo ed unico bene che possedevano, e rischiare la vita per questo fa la differenza con il semplice cercare il profitto ed il potere a tutti i costi.
La fama intorno alle loro virtù marziali, quella si era ricercata, e proprio i Bravi erranti lo dimostrano, non avendo l’esigenza del controllo di un territorio.
Una continuità, il movimento della braveria, la ebbe, il duello del Baratero, nella Spagna del XIX secolo, e i duelli rusticani del mezzogiorno italiano, fino alla metà del XX secolo, che vedevano la difesa dell’onore così importante da poter rischiare la vita, ne sono un esempio.
Eviterei a riguardo qualsiasi commento o giudizio contemporaneo su questo tipo di tradizione, ma mi limiterò ad osservare, da studioso del settore, quanto l’utilizzo delle armi, protratto nel tempo, ci possa permettere, ancora oggi, la lettura di un pensiero, una tradizione ed un costume, lontano da noi, rendendo più chiara l’immedesimazione, in questo caso, con l’uomo medievale.

Tiziano, Bravo, 1520 circa

“La Braveria è sicuramente l’ultimo grande movimento dell’”arte gladiatoria”, prolungando la sua esistenza fino alla fine del medioevo e all’inizio dell’epoca moderna, perché se gladiatore è colui che vive del gladio, i bravi furono gli ultimi ad incarnare questo principio, la spada, lo scudo, il pugnale erano i loro ferri del mestiere o arte, l’arte gladiatoria appunto.” [Corrado Tomaselli, pag. 58 “Dell’arte Gladiatoria”,Genova,2013].

Pubblicato su Italia Medievale il 20 Febbraio 2019